Stamattina sono andata al mercato del paese, una di quelle abitudini triviali che mi mancheranno come l’aria a partire dalla settimana prossima, quando varcherò la soglia della mia nuova casa di città.
Ho fatto spesa dal contadino che ha il suo podere a qualche km; dal pescivendolo che si sveglia alle 3 del mattino per essere il primo sul molo di La Spezia a comprare direttamente dalle barche di rientro dal mare e poi caricare tutto sul furgoncino e portare a noi poveri abitanti di pianura il sapore vero del pesce fresco.
Ho salutato qualche conoscente, col mio passeggino carico di Cinni e sporte di plastica che si rompono al soffio del vento e pensavo a queste persone che mi hanno vista per tre anni ogni settimana col mio passeggino carico, arrivare e comprare da loro. Mi trattano come una di famiglia ma tra le chiacchiere non mi hanno mai fatto domande strane, di quelle che ti congelano il sorriso in faccia e ti prendono quei 20/30 secondi per formulare una risposta che non assomigli a “crepa-fatti i cazzi tuoi-ma come ti permetti”.
Ho provato ad analizzare il perché. Perfetti sconosciuti che annusano quello che possono e non possono, sanno fino dove arrivare con te, che in teoria non sanno nemmeno chi sei davvero. Perfetti sconosciuti a cui interessa solo il qui ed ora.
E ho trovato questa risposta: non ci sono aspettative secondarie reciproche.