Fare un figlio non è stato proprio un atto casuale per me.
Io un figlio lo volevo e ho deciso di averne uno in un determinato momento della mia vita.
L’atto casuale è stato semmai farne due in un colpo solo.
Avevo un lavoro. Bello, brutto, non stiamo tanto a sindacare.
Avevo un contratto a tempo indeterminato in un’azienda medio-piccola bolognese.
Se lavoravi bene, come ho sempre cercato di fare, avevi quello stipendio fisso. Se scaldavi la sedia, avevi lo stesso stipendio fisso. Uno di quei posti eterni, dove le persone ormai vanno a sedersi la mattina e si alzano la sera. I primi tempi ci credono pure, magari, nel poter fare la differenza, poi diventa come mangiare. Devi andarci e ci vai.
Io ci credevo ancora, perchè ero molto giovane, perchè ero fresca di università, perchè avevo voglia di imparare e di spendermi al 100%. Poi mi è passata, perchè al mio impegno seguivano solo calci negli stinchi e mi sentivo ogni giorno più persa.
Il mio futuro marito qualche mese prima aveva cambiato lavoro, sempre con un contratto a tempo indeterminato.
Avevamo una casa, due stipendi, un matrimonio da organizzare, perchè non provare ad avere un figlio?
A rimanere incinta ci ho messo pochissimo, a realizzare che niente sarebbe stato più come prima ci ho messo molto di più.
Ho scoperto che erano due gemelli dopo qualche settimana dalla linea doppia del test. Stavo parecchio male, avevo crampi e perdite, sono rimasta a casa dall’ufficio.
La mia capa, una donna, non ha commentato la mia gravidanza. Mi è sembrata abbastanza comprensiva, lei che non lo era facilmente e ho pensato di essere tutto sommato fortunata.
Solo che.